L'opportunità di appassire

Ottobre è il nuovo maggio.
E la gender fluidity delle stagioni c’entra fino a un certo punto.

Un tempo attendevamo la primavera con gioia, il risveglio era l’evento più eccitante dell’anno: finalmente ci riappropriavamo del mondo esterno, ci riconnettevamo con la natura, ci lasciavamo deliziare dai colori, dai profumi, dai tepori. Ci sorprendevamo coinvolti in una frenesia antica, che pur tuttavia ci appariva sempre nuova - esci, respira, scopriti, pic-nicca, le pulizie grandiose, i mercatini, un nuovo taglio di capelli. E poi le finestre aperte, le porte aperte, i musei aperti, i weekend fuori porta, lo spazio interno e quello esterno perennemente sfumati, compenetranti, confusi.

Oggi, che siamo fin troppo svegli tutto l’anno, che corriamo affaccendati e iperconnessi tutto il giorno, siamo invece bramosi di rintanarci in un silenzioso giaciglio in cui poterci, finalmente, assopire. Disconnettere. Isolare.
Chi ha tempo per i colori, la vita, la primavera? C’è un’economia da mandare avanti. Il mondo esterno è un impaccio nel nostro agire sempre più digitale, la sua pretesa d’attenzione è fastidiosa. Siamo diventati allergici alla primavera - in tutti i sensi.

E allora, ecco che ottobre, con le sue giornate sempre più corte, le ombre disincentivanti, il tramonto del fogliame e quell’inesauribile riserva di scusanti diviene il nuovo appuntamento più atteso: un rallentamento, grazie al cielo. Colori che non stordiscono, e che ci fanno anche la cortesia di cantare in coro. Nessun profumo a reclamare l’attenzione, nessun cinguettio a rammentarci che la vita è la fuori. Il paesaggio appannato dalla nebbia e dalla condensa sul parabrezza - non c’è niente da vedere qui, circolare - il pudore della natura morente.

Che pace, questo ritrovato pudore, nell’epoca dell’emotività in vetrina, della condivisione a tutti i costi, della pornografia del quotidiano. Più che il tempo di fiorire, ci manca l’opportunità di appassire: l’autorizzazione a spegnerci, di tanto in tanto, per vegetare in silenzio e in raccoglimento.
Nel mondo all’incontrario, ottobre è il nuovo maggio.